Aborto volontario: oltre la morale e l'etica per una scelta consapevole

01.05.2019


Parlare di aborto non è facile.
Parlare di un aborto volontario lo è ancora meno.
Pensiamoci: quanto spesso sentiamo parlare di ragazze o donne che decidono di abortire?
Poche, pochissime.
E spesso di nascosto, a bassa voce.
Eppure i dati a nostra disposizione sostengono che ogni 1000 nati vivi, ci sono circa 200 interruzioni di gravidanza.
Non così poche, quindi. 


E allora perché se ne parla così poco? Facciamo, prima, un passo indietro. 

Per aborto si intende una procedura attraverso cui si pone fine ad una gravidanza.
In molti Paesi, il dibattito sul diritto d'abortire non è ancora chiuso e l'Italia non fa eccezione: si pone l'attenzione su modalità, tempistiche, condizioni, leggi.
Attualmente, in Italia è possibile abortire legalmente, entro i primi 3 mesi, grazie alla Legge 194 approvata, a tutela delle donne, nel 1978. Prima di allora, l'interruzione volontaria di gravidanza era considerata un reato penale

<< La legalizzazione dell'aborto non obbliga nessuna donna ad abortire se non lo vuole. Non obbliga nessuno a considerare l'aborto moralmente legittimo. Permette solo a tutte coloro che non possono, o non vogliono, portare avanti una gravidanza di farlo nelle migliori condizioni, senza «pagare» un prezzo eccessivo per una scelta che, lo ripeto, non è mai banale.>>  

M. Marzano


Nonostante ciò, l'obiezione di coscienza permette ad un medico di rifiutare di eseguire un aborto, per motivi morali e religiosi. Questo rende difficile l'accesso all'aborto per tante donne italiane, in particolar modo al Sud, dove in certe regioni la percentuale di medici obiettori è addirittura superiore all'80%.

Se, però, esiste una legge a tutela delle donne, come mai si parla così poco di interruzione di gravidanza volontaria?
Tabù, senso di colpa e vergogna.
Questi tre elementi sembrano essere ai primi posti nella classifica.

"Fino a quando la società rifiuterà a una donna l'autorizzazione ad abortire quando sceglie di farlo, la paura delle auto-colpevolizzazioni post-aborto sarà certa ed effettiva come la legge che glielo proibisce. Il problema, allora, è come aiutare le donne ad affrontare la realtà delle emozioni post-aborto mentre si scrollano di dosso i sensi di colpa imposti da qualcun altro [...] "

Molti sono i motivi che portano una donna sulla strada dell'aborto. Decidere di avere un figlio è una scelta importante e una donna ha il diritto di scegliere se quello è il momento giusto, oppure no. 

L interruzione volontaria di gravidanza porta sempre ad un disturbo psicologico?
No, non sempre.
Ogni donna è diversa, così come sono diversi i vissuti, le età, l'educazione ricevuta, il supporto sociale, il temperamento e le motivazioni di chi sceglie di interrompere una gravidanza.
E proprio le motivazioni che spingono la donna ad abortire ed il modo in cui viene presa la decisione giocano un ruolo cruciale: in particolare non devono essere sottovalutati i sentimenti ambivalenti che precedono, accompagnano e seguono l'I.V.G. (interruzione volontaria gravidanza).


In seguito ad una interruzione di gravidanza, alcune donne potrebbero provare sollievo nonché la sensazione di aver fatto, senza alcun dubbio, la scelta giusta.
In altre donne, invece, la convinzione di aver fatto la scelta giusta si va a scontrare con il dolore del lutto e del senso di colpa.
Altre donne sperimentano il rimpianto di non aver preso realmente la scelta giusta a causa del parere degli altri, del giudizio della società, delle proprie paure.
Possono essere forti i vissuti depressivi, di ansia, di solitudine


Quando la donna decide per l'aborto volontario deve sempre poter usufruire di una consulenza psicologica: conoscere le conseguenze dell'aborto è fondamentale per prendere la decisione con cognizione di causa.



Dott.ssa Martina Iannuzzi P.IVA 14319411006 
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